In un mondo di Re. Intervista alla scrittrice Simona Barugola
Son tornata indietro, a quando leggevo i miei primi libri di fiabe, sotto alle coperte del lettone dei miei, con una lucina ad illuminare riga per riga, mentre aspettavo che tornassero a casa da lavoro.
Son tornata indietro, ad un mondo pieno di morali, di principesse, ranocchie, Re, Regine, streghe, principi su un cavallo bianco e cattivi, dalla spada affilata.
Son tornata indietro, ed è stata subito un’emozione unica, riassaporare tutto ciò che, per me, era, ed è, essenziale.
Son tornata indietro, come una bambina, da adulta, per poter capire quanto, a volte, le favole siano di un’importanza estrema, se tessute da un ragno altrettanto sognatore.
Son tornata indietro, grazie a Pippa ed alla sua creatrice: Simona Barugola, che mi hanno, ancora una volta, fatto compagnia, prima di addormentarmi, perché le favole sono, per tutti, in un qualsiasi momento della nostra vita, in grado di salvarci, senza che sapessimo di dover essere portati in salvo.
Come mai creare la storia nel formato di una fiaba?
Quando scrivo obbedisco ai personaggi, perché loro arrivano direttamente alla mia fantasia con le loro valigie di emozioni e di avventure. Quando è arrivata Pippa è come se mi avesse detto “Racconta la mia storia, racconta qualcosa di magico ma non utilizzare la magia!”. Le fiabe sono ricche di elementi fantastici e servono principalmente a sognare. Scrivo per grandi e piccini, per chi abbia la voglia di mantenere viva la fiammella del fantastico nel cuore, perché la vita è già di per sé complicata e ci sono giorni in cui ci si dimentica di sognare. Una fiaba ci permette di tornare indietro nel tempo e di condividere un momento con i nostri figli.
Cosa ti hanno trasmesso le favole, in giovane età?
Quello che mi ha spinta alla lettura è sempre stata la ricerca dell’avventura. Favole e fiabe hanno rappresentato per me il piacere del gioco con l’immaginazione. Ad esempio, leggendo ‘La sirenetta’ di Andersen mi ritrovavo con la fantasia su di una spiaggia, e da lì e salire su di un galeone di pirati il passo era breve. Ero una bambina ‘vivace’ e le lezioni morali, necessarie per crescere, sono sempre arrivare in silenzio. È giusto che la parte morale della storia arrivi in un secondo momento perché i bambini devono apprendere un insegnamento ed elaborarlo per poi applicarlo naturalmente come se fosse un frutto della loro personalità.
Come mai far percepire proprio quella morale, la principale, se non altro, all’interno della fiaba?
Il mio intento, con Pippa, è quello di far arrivare il messaggio che leggere è bello. Leggere è aprire la mente all’immaginario e non ci sono storie da grandi o da piccoli, perché a ogni età è necessario giocare con la fantasia e inventare storie. Pippa è una ragazzina che vive in un medioevo fatto di ingiustizia e di paura, dove in ogni istante è possibile essere accusati di stregoneria, ma sta vivendo anche un momento cruciale della crescita. Sta diventando adulta e quindi sta facendo scoperte nuove: emozioni, paure, segreti e responsabilità. La cosa più difficile è controllare l’impeto dell’adolescenza, che spinge molte volte a compiere gesti avventati. Nella storia ci sono persone pronte ad aiutare Pippa, così come anche per noi, se ci guardiamo bene attorno, ci sono persone pronte ad tendere una mano.
Pensi che nel mondo in cui viviamo non ce ne siano abbastanza? Cosa manca, a noi esseri umani, adesso? Una favola a cui poter credere, o altro?
Oggigiorno manca tempo da dedicare a se stessi e scarseggia la voglia di ridere, soprattutto di sé. Tutto è troppo serio, o forse ci prendiamo troppo sul serio, e i veri problemi non riescono più a risaltare sugli altri. Una fiaba serve a ricordarci di staccare un momento e tornare a guardare la realtà per ciò che è. Poi è bello leggere insieme, adulti e bambini, e non deve essere solo un piacere per pochi.
Hai anche spiegato come quel periodo fosse incentrato sulla Chiesa e sul potere? Il tuo pensiero, a riguardo?
Non si può pensare al medioevo senza inquisizione e senza caccia alle streghe, e la paura legata a questo binomio è presente in ogni pagina del mio lavoro. È appunto la paura quella che prevale: del diverso, dell’autonomo, del pensiero. È assurdo, ma anche oggi, dopo secoli di sviluppo scientifico, c’è paura. Chiudere, negare, bollare sono tipiche reazioni a questa emozione che mi spaventano. Preferirei l’osservazione, l’analisi e la riflessione.
Mi hai sorpresa nel finale, perché cadute nelle apparenze. Cosa sono, per te, queste ultime?
‘Non fidarti delle apparenze’ è il messaggio che, ad un certo punto, riceve Pippa. Se c’è sorpresa allora sono riuscita nel mio intento: creare una storia sorprendente. Nella vita quotidiana le apparenze sono fuorvianti e, se ci fermiamo ad esse, rischiamo di perderci gran parte dell’essenza di una persona.
Progetti in ballo?
Non vorrei apparire banale ma il mio progetto principale è gustare la vita con i miei affetti. Ho poi tanti sogni nel mio cassetto, e tante storie pronte per diventare grandi, quindi ho deciso di affrontare tutto ‘un passo alla volta’, senza fretta ma con costanza. Amo sognare, leggere e scrivere, ma la vita e il mondo fuori dalla porta di casa, con le loro mille sfaccettature, sono irresistibili.
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